Come le Rose di Sarajevo

Sono chiamate le “Rose di Sarajevo” , ma in realtà sono l’impatto delle bombe della guerra di Yugoslavia sul cemento e che negli anni del dopoguerra gli abitanti della città hanno colorato di rosso, trasformandoli in fiori.

Questa è secondo me l’essenza del lavoro su di Sé sulle ferite.

Molte volte non vogliamo ricordare, facciamo di tutto per dimenticare ciò che ci è successo, mettiamo in atto i più assurdi comportamenti per non entrare in contatto con il dolore. Applichiamo una rimozione più o meno conscia, per non dover affrontare la sofferenza dei traumi. Quindi viviamo una vita in superficie, ci riempiamo di bisogni finti, di relazioni, di impegni pur di non ascoltare ciò che è l’unica cosa da fare: attraversare il dolore per poterlo trasformare.

Altrettante volte, mettiamo in atto il comportamento diametralmente opposto, ci “attacchiamo” ai nostri antichi dolori, rendendoli il centro della nostra vita, trasformandoli in uno scudo che ci protegge dal prenderci la responsabilità del nostro cambiamento. Come un mantra ci ripetiamo, che nessuno ci ha mai amato veramente, che nessuno ci capisce, che non esistono essere umani in grado di comprendere il nostro dolore, che nessuno è veramente sensibile per capire a fondo come siamo veramente fatti.

Ogni volta che ci viene suggerito un cambiamento, ripetiamo come una litania: “eh ma tanto, gli altri non capirebbero il mio cambiamento; eh ma tanto, nessuno mi valorizza perché dovrebbero farlo adesso..” e così via. Questo significa essere un tutt’uno con le ferite, vedere il mondo e gli altri solo attraverso il proprio dolore, significa rifiutare la possibilità di essere felici.

Ciò che è il nostro compito è trovare l’equilibrio tra il riconoscere le ferite e creare, con tanta disciplina, un nuovo modo di interpretare il mondo e di viverlo.

Non possiamo “rimuovere” le nostre ferite, riempiendoci di lavoro, di impegni, di relazioni, dobbiamo sentire il dolore, ma non dobbiamo permettere a questo dolore di “guidare” la nostra vita, le nostre scelte, le nostre decisioni.

Dobbiamo imparare ad essere come le Rose di Sarajevo, ricordare ciò che è stato, ma per poterlo trasformare in qualcosa di diverso, di nuovo e di bello. Non hanno dimenticato le bombe, le hanno trasformate in Rose.

Anche noi, ogni giorno, possiamo con Amore e Disciplina, trasformare le nostre ferite. Ogni giorno possiamo scegliere se guardare alla nostra storia come ad una condanna o se guardarla come una possibilità, possiamo scegliere se vivere nel rancore o aver il coraggio di lasciare andare, possiamo scegliere se lamentarci o se lodare ciò che abbiamo, possiamo scegliere se vivere nel ricordo o se vivere in presenza dell’Amore.

Con amore e gratitudine

Giorgia Sitta

 

 

Kebrilla Associazione Culturale

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